venerdì 21 novembre 2008

Bisogna cambiare






The Economist, 13.11.08

[articolo originale qui]

“TUTTA LA VITA DAVANTI”, un recente film italiano, si apre con la voce di una giovane donna che sostiene la propria tesi di laurea. La telecamera si sofferma su un volto solcato da rughe dopo l'altro, finché diventa chiaro che l'intera commissione é formata da ottuagenari - ed un risolino di cinica intesa si spande per l'audience del cinema.

L'etá della pensione per i professori universitari é di 72 anni. Mariastella Gelmini, ministro dell'educazione nel governo di destra di Silvio Berlusconi, sta pensando di ridurlo a 70. E questa é solo una delle tante riforme che sta cercando di fare ad uno dei settori peggio amministrati, dalla peggiore qualitá e dalla piú alta corruzione d'Italia.

Le universitá italiane non ricevono fondi in eccesso. Secondo i rapporti della OECD sui paesi ricchim ogni studente nel 2005 costa circa $8,026 (6400 EUR, ndr), ben al di sotto della media di $11,512 (9200 EUR, ndr). Ma questa stima non tiene in considerazione le universitá private. E pochi critici pensano che l'insufficienza dei fondi sia il piú grande problema delle universitá pubbliche.

La gran parte degli Italiani se la prende invece con lo strapotere dei baroni, o professori in carica con potere accademico di vita e di morte. Molti trattano le proprie facoltá come fossero di loro proprietá. Nepostismo e favoritismi regnano: solo in questa settimana é venuto fuori il caso di un rettore che, il giorno prima di andare in pensione il 31 ottobre, ha firmato un decreto per rendere suo figlio un professore. Una ricerca di studenti all'Universitá di Napoli Federico II ha trovato che il 15% dei professori ha un parente nello staff universitario. Nell'universitá di Palermo 230 insegnanti hanno vincoli di parentela o amicizia con altri insegnanti.

La creazione di posti di lavoro per parenti e amici ha aiutato a gonfiare il numero degli accademici italiani. Secondo la Gelmini, bandi per 13.000 posti junior sono stati annunciati, ma 26.000 ne sono stati assegnati. Questa situazione cronica ha anche portato alla proliferazione di corsi e dipartamenti. In Italia ci sono 37 corsi con un singolo studente; 327 facoltá ne hanno meno di 15.

Nelle universitá italiane si fa anche ricerca di valore ed ottimo insegnamento, ma la situazione piú comune é un'uniforme mediocritá. Nessun istituto italiano é entrato nella top 100 delle migliori universitá del mondo del Times. I baroni hanno considerevole influenza sul governo, in particolare sul centro-sinistra, e lo hanno usato per seppellire gran parte delle tentate riforme.

Il bisogno di un cambiamento é oramai impellente. Cinque universitá sono in bancarotta. Il sistema nella sua interezza é chiaramente un fallimento dal punto di vista economico. Solo il 17% degli italiani tra 25 e 34 anni sono laureati, in confronto alla media OECD del 33%. La ragione principale é uno schockante tasso di abbandono del 55%, il piú alto tra i paesi ricchi.

Ritenendo che si chiedesse agli studenti di restare in universitá troppo a lungo, il governo Berlusconi precedente aveva introdotto corsi opzionali di tre anni. Ma i datori di lavoro affermano che i laureati triennali non sono abbastanza capaci. Le universitá non formano abbastanza in un tempo ragionevole.

Gran parte dei decreti della Gelmini sará inclusa in due decreti che devono ancora venire formalmente pubblicati. Ma giá in questo mese la Gelmini ha ottenuto il supporto del governo per una prima iniziativa per modificare il processo di selezione per professori universitari e ricercatori per cercare di prevenire gli abusi; per mettere da parte piú soldi per borse di studio e alloggi per gli studenti; e per mitigare gli effetti di un precedente decreto taglia-fondi aumentando il numero di insegnanti e ricercatori che possono essere assunti per ciascuno che va in pensione.

Tutto ció potrebbe sembrare una buona notizia per studenti ed insegnanti, ma gli studenti stanno protestando per tutto il paese. Questa settimana i principali sindacati hanno pianificato uno sciopero nazionale, anche se uno di essi si é ritirato all'ultimo minuto. L'opposizione afferma che nessun vantaggio si puó ricavare da riforme che riducono i fondi. Ma il governo risponde che il tasso delle nascite bassissimo ha creato quello cha la Gelmini chiama una "opportunitá storica" per alzare la qualitá spendendo meno. I suoi piani meritano almeno di essere ascoltati.

10 commenti:

Ciarciagallo ha detto...

Questo articolo mi é sembrato interessante per sentire un'altra versione dei fatti, ma neutrale e quindi non insozzata da interessi politici e partitici. Voi che ne pensate?

Alessandro Tauro ha detto...

Penso che sia la chiarissima dimostrazione che l'Economist non si può certo definire un mezzo d'informazione "gestito ad arte dalla sinistra italiana contro il nemico Berlusconi".

Non condivido per nulla l'analisi fatta, ma se non altro rispetto molto l'onestà intellettuale e politica con la quale hanno argomentato l'intera questione.

Se fosse questo il modo di comunicare comune in Italia, il nostro paese sarebbe di gran lunga un paese migliore!

Anonimo ha detto...

Non sono per niente d'accordo con l'Economist stavolta. Sembra che abbia ascoltato solo la propaganda del governo, si parla solo alla fine degli studenti come se fossero delle persone che vogliono mantenere lo status quo e non hanno letto la legge. E' vero la Gelmini propone una riduzione degli atenei e dei sostegni per che viene da fuori, ma nulla di questo è scritto nella famosa 133, sono poche righe e molto ambigue di difficile interpretazione giuridica (ho seguito delle conferenze con giuristi a riguardo).

Anonimo ha detto...

Strano articolo. Curioso che sembri ripetere pari pari le argomentazioni del governo, non fa una reale analisi della situazione. mah...

Anonimo ha detto...

(il commento sopra era mio, tanto per firmarmi)

Ciarciagallo ha detto...

Sono completamente d'accordo con Alessandro. Ed anche se come fa giustamente notare fewwhihspers questa analisi é magari superficiale, ho pensato che l'articolo meritasse la pubblicazione proprio per la sua diversitá. Questa ribadisce la neutralitá del the Economist, ed é un argomento contro chi dice "tanto in Inghilterra gli piace dare addosso all'Italietta..anche se non ci fosse Berlusconi ne parlarebbero male allo stesso modo"

Anonimo ha detto...

(Davide) visto che non voglio passare per "Anonimo".

Beh se non condividete quantomeno giustificate il perche' l'articolo si sbaglia. Perche' gli studenti italiani hanno ragione a criticare senza se e senza ma la parte della riforma che tocca l'Universita' in Italia. Sarei curioso di sapere il perche' tutte le misure sull'universita' (soprattutto quelle rivolte ad un aumento della competitivita' della ricerca italiana e con conseguente riduzione dei baroni universitari) siano errate. Soprattutto sarei curioso di sapere quale sarebbe la proposta per miglirare il nostro sistema universitario da parte della gente che critica questa riforma. Quello che dice questo articolo e quello che sto notando Io (leggendo i giornali italiani dall'estero) e' che agli studenti non interessi confrontarsi con il Governo in maniera costruttiva e fare proposte per migliorare il sistema universatario, ma stanno criticando ed attaccando la riforma senza anteporre logica e dialogo costruttivo. Mezzo legittimo, ma estremamente distruttivo e non condiviso da me.

-Davide

Anonimo ha detto...

(In risposta a Davide)
Guarda che non è vero, da noi alla sapienza ci sono tantissime conferenza riguardo la legge 133. Ci sono tantissime iniziative costruttive a riguardo. Ad esempio il 15 e il 16 (sabato e domenica per permettere alle persone di seguire le lezioni) si sono tenute delle assemblee per proporre al governo dei cambiamenti riguardo l'università. La legge 133 analizzata bene è da buttare, sono 4 righe che non parlano affatto di cambiare il sistema baronale. In poche parole si consente ai privati di gestire completamente le università e i suoi beni immobili che possono essere ceduti tranquillamente ai privati senza la minima tassazione.

Anonimo ha detto...

(In risposta a Lilith)
L'articolo non si riferisce alla Legge 133, ma ai decreti che la Gelmini sta preparando in tema di pubblica istruzione.
Quindi non riesco a capire la correlazione che fai tra i Decreti e la 133.
Potresti dirmi cosa ritieni ci sia di errato nelle proposte della Gelmini per rendere la ricerca competitiva nelle Universita' e quanto meno ridurre i vari baroni e nepotismo? E se ci riesci, potresti anche dirmi cosa faresti tu con proposte concrete per risolvere questi problemi che orami sono davanti a tutti nel mondo?
Grazie.

-Davide

Antonello ha detto...

Credo che ci sia un dato di fatto: L'università italiana(e non solo) sta in crisi e funziona male. Se questo fosse un paese intelligente si chiamerebbero gli addetti al lavoro e tecnici(non politicizzati) per risolvere un problema reale, magari studiando anche sistemi esteri più virtuosi del nostro. Invece qui il governo come al solito(e non è il primo) invece di indagare su meriti e virtuosismi, che sicuramente esistono, si taglia in maniera indiscriminata colpendo alla ceca. Anzi vorrei ben vedere se colpiscono veramente i baroni amici loro! Secondo me gli studenti(e a mio parere tutti i cittadini) fanno bene a scendere in piazza e manifestare, ed il governo invece di fare retorica e minimizzare dovrebbe ascoltare! Quando c'è tanta gente che protesta, sicuramente c'è qualcuno che sta li e non sa perché, sicuramente ci sono anche quelli che vogliono lo status quo, ma ci sono anche tanti che vogliono che le cose cambino in positivo.

Antonello